
Non esiste paese o contrada che non abbia una sua ricca e ponderosa letteratura orale. Essa si trasmette di persona in persona, di generazione in generazione grazie ad arguti affabulatori che, sospinti da un irrefrenabile e spesso inconscio impulso, di festa in festa, di domenica in domenica, nelle piazze, colgono l'attimo propizio dell'incontro, del ritrovarsi, per rinnovare il canto della memoria. Dalla loro bocca riemergono fatti, aneddoti, personaggi che descrivono un'umanità oggi non piu’ presente, uno spaccato di vita vissuta che, malgrado la povertà e i limiti del tempo, ha il carattere di un sogno.
Da "Quande l'acque si jòje a ccòje "... 'quando l'acqua si andava a cogliere', sono trascorsi piu’ di 60 anni, ben tre generazioni. Allora la vita quotidiana della comunità di Spoltore scorreva nell'operosità dei suoi artigiani, dei suoi contadini, dei suoi fornaciai, delle donne intente ai lavori domestici e dei bambini vocianti nelle piazzette o nelle strette vie selciate con ciottoli di fiume. La rara presenza di un'automobile era segnalata dalla polvere che si alzava al suo arrivo da lontano. Per quasi tutti l'attenzione principale e quotidiana era su 'coma terè a cambè', 'come tirare a campare'. Lu stàje, l'estaglio, cioè lo scambio del lavoro con prodotti di campagna, era la forma di economia piu’ diffusa, mentre i fornaciai dovevano lavorare come asini dall'alba al tramonto (da lu scure a lu scure) per una incerta paga a cottimo.
Nelle pagine del libro spicca la "potenza" del codice linguistico dialettale, che vi si trova adoperato in una quantità di funzioni e con tanti accenti, dalla descrizione etnografica al racconto, alla battuta, alle considerazioni piu’ profonde e serie.
Il libro si propone due scopi fondamentali.
Il primo è il tentativo organico di registrazione scritta non soltanto del filone narrativo, ma anche di quello linguistico. Il secondo scopo è quello di ricordare le origini di una comunità, la sua identità, il modo di vivere dei suoi avi, i costumi che, nonostante la rapida evoluzione delle abitudini, della cultura e dei rapporti sociali, rimangono comunque nel codice genetico del tessuto cittadino.
Quande l'acque si jòje a ccòje..., come un frutto, come una mela, come un grappolo d'uva. Un rimpianto? Di certo, un piacevole (e commovente) ricordo per quelli che giovani non sono piu’; un utile (e divertente) ammaestramento per coloro che lo sono ancora, e ai quali, malgrado tutto, ogni comunità non può che affidare, fiduciosa, il proprio avvenire.